La diagnostica clinica in dermatologia si basa sul colore
della manifestazione cutanea, sulla distribuzione lineare
e topografica delle lesioni e sull’interpretazione
morfologica delle figure che tali lesioni tendono a comporre.
L’elaborazione della diagnosi di una malattia cutanea
si fonda principalmente su un processo di analisi
visiva che involontariamente un dermatologo compie a
ogni visita e si traduce in una diagnosi clinica che
spesso non ha bisogno di conferma con esami laboratoristici
e/o strumentali.
Molte espressioni delle malattie della pelle hanno
aspetti ben definiti che evocano descrizioni sintetiche
(homme rouge, langue noire, lilac ring ecc.) utili a facilitare
la comunicazione rapida. Tutto ciò ha consentito
a generazioni di professionisti di sospettare o diagnosticare
dermopatie di varia natura nell’attimo di
uno sguardo.
I trattati di dermatologia sono pieni di definizioni e
appellativi basati su un colore o una “sfumatura cromatica”
che indica in maniera precisa una malattia o una
fase evolutiva della stessa.
Il colore della lesione cutanea, pertanto, è fondamento
di molte diagnosi e orienta in modo decisivo il
percorso diagnostico del clinico dermatologo.
È noto che il colore “base” della cute varia nelle diverse
etnie, condizionato dalla genetica e dalle collocazioni
geografiche. Sappiamo anche che la variabilità
individuale del colore cutaneo è funzione della quantità
e della qualità di pigmenti e cromofori costitutivi e
della loro distribuzione.
Ne discende che il colore della lesione cutanea attribuibile
a una certa malattia rimane elemento di riferimento
costante nell’ambito di un certa colorazione
“base” della cute, seppur con variazioni soggettive che
rendono ogni problema cutaneo molto “individuale”.
Per esempio, i colori che riusciamo a definire con precisione
sulla pelle chiara come tipici di alcune dermopatie
assumono sfumature più scure sulla cute geneticamente
pigmentata e ciò può alterare l’interpretazione
del clinico.
È intuitivo che le differenze di colore delle affezioni
cutanee sono più facilmente apprezzabili sulla
pelle geneticamente chiara in quanto si presentano con
una variabilità di tinte più ampia.
Un ulteriore elemento che condiziona ciò che percepiamo
come colore di una lesione della pelle è dato
dalla luce (quantità e caratteristiche fisiche dei raggi)
nella quale ci troviamo a osservare quella lesione e
dalle modalità di incidenza di quest’ultima sulla superficie
del soggetto in esame. Quindi, oltre alla variabilità
individuale di espressione del colore lesionale, dobbiamo
sempre tenere conto di una variabilità intra-osservazionale
di ricezione del colore.Il colore della pelle umana
“Ogni elemento ha un suo colore: la terra è azzurra,
l’acqua verde, l’aria gialla, il fuoco rosso; poi vi sono
altri colori casuali e commisti, appena riconoscibili. Ma
tu bada con cura al colore elementare che predomina,
e giudica secondo quello.” (Paracelso)
Il colore della pelle dipende dalla presenza di diversi
pigmenti (melanina) e cromofori, dallo spessore dello
strato corneo, dalla qualità di alcune molecole costitutive
(per esempio, collagene) e dalla luce alla quale si osserva.
Il principale determinante del colore cutaneo è la melanina,
seguita dal sangue circolante nei capillari (emoglobina
ossidata e ridotta), dai cromofori carotene e licopene
e dal collagene dermico (sfumatura biancastra)
(Tabella 6.1).
I fattori fisici che condizionano il colore recepito dall’osservatore
sono rappresentati dallo spettro luminoso
che colpisce la cute e dai fenomeni relativi di riflessione,
rifrazione e assorbimento associati alla trasparenza
dello strato corneo e dell’epidermide. L’uso della luce
di Wood può essere d’aiuto nel discriminare alcune
pigmentazioni da deposito in talune affezioni dermatologiche
(Tabella 6.2).
Non esiste un colore che definisca la pelle “normale”.
Il colorito cutaneo delle varie popolazioni si è
evoluto nel tempo.
Alle estremità vi sono i colori chiari dei popoli del
Nord (celtici, scandinavi), il nero degli africani e il
quasi nero degli aborigeni australiani. In mezzo vi sono
le colorazioni bruno-scuro degli indiani e il colore giallo
e rossastro degli asiatici e degli indigeni americani.
Il colore della pelle umana è determinato dai geni
della pigmentazione e dagli stimoli ambientali, tra i
quali il principale è il sole.
Sul piano pratico i principali fattori che determinano
il colore scuro della pelle umana sono:
• numero dei melanociti;
• capacità di sintesi della melanina, trasferimento e trasporto
dei melanosomi;
• dendriticità dei melanociti;
• quantità e tipo di melanina.
Le variazioni etniche del colore cutaneo non dipendono
della densità dei melanociti nell’epidermide.
È noto infatti che il numero di melanociti per mm2
nelle differenti aree cutanee è pressoché identico nelle
varie etnie. È piuttosto l’attività melanogenetica dei
melanociti la responsabile delle variazioni di colore e,
soprattutto, di quantità, dimensioni e dispersione dei
melanosomi all’interno dei cheratinociti epidermici.
6.3 Misurare il colore della cute
Non esiste un’esatta corrispondenza tra il colore che
viene definito in fisica e la percezione del nostro cervello
(Tabella 6.3). I colori, infatti, possono essere paragonati
a movimenti vibratori, ovvero onde che arrivano ai nostri
occhi che, a loro volta, girano l’informazione al cervello.
I colori sono in grado di stimolare una sensazione
mentale ed emozionale (sensazione colorata).
Il linguaggio del colore è anche fortemente simbolico,
evoca suggestioni e non è solo recepito in modo razionale.
In altri termini “il colore parla e noi dobbiamo
sforzarci di comprendere ciò che esso dice” (C. Piana).
In ambito clinico dermatologico è necessario individuare
un parametro di valutazione del colore condivisibile
e oggettivo.
118 M. Papi et al.
T
La valutazione visiva rimane, peraltro, il gold standard
tra i metodi in uso per la valutazione della cute.
Negli anni più recenti numerose tecnologie sono
state introdotte per ridurre il rischio della variabilità individuale
legata al singolo osservatore.
La luce ultravioletta o UV (lampade a emissione di
raggi tra 300 e 400 nanometri) permette di valutare i disordini
da accumulo di melanina intraepidermica.
La luce UV consente di differenziare la pigmentazione
epidermica da melanina da quella dovuta ad altre
cause, quali anomalie vascolari, cicatrici e depositi di
collagene.
La fotografia a luce polarizzata permette di valutare
bene le alterazioni di colore derivanti da anomalie dermiche
di carattere vascolare.
La spettrofotometria, introdotta da pochi anni, permette
un’attendibile valutazione del colore e della presenza
di pigmento nella cute (Cromameter, Minolta–
DermaSpectrophotometer e Mexameter).
La dermatoscopia è da alcuni anni una metodica
fondamentale per valutare il colore e la forma di lesioni
infiammatorie, neviche e tumorali.
La microscopia laser confocale (laser a diodi) consente
un’analisi visiva della cute con risultati che si avvicinano
all’osservazione istologica.
6.4 Fare diagnosi con il colore
“Quando uscite a dipingere sforzatevi di dimenticare
gli oggetti che avete davanti: un albero, una casa, un
campo o altro. Pensate semplicemente: qui c’è un quadratino
d’azzurro, qui un ovale di rosa, qui una striscia
di giallo, e dipingete proprio come vi sembrano il colore
e la forma esatti, finché otterrete la vostra impressione
ingenua della scena che vi sta davanti”.
(Claude Monet)
Il linguaggio cromatico della pelle consente di interpretare
molte lesioni cutanee attraverso una chiave di
lettura che è squisitamente visiva. Questa si fonda su variazioni
di colore che avvengono all’interno di alcuni
colori basilari geneticamente determinati. Nell’ambito
di questi colori possono essere fatte rientrare tutte la patologie
cutanee. Tuttavia, alcuni di questi colori base, o
le loro sfumature intermedie, caratterizzano alcune specifiche
malattie. Tali quadri, nei soggetti con cute chiara,
possono essere facilmente individuati da medici allenati
e porre il dermatologo sulla strada di un “diagnosi clinica
semplificata”.
Fatte queste minime ma necessarie precisazioni,
prendiamo in esame i vari colori che caratterizzano alcune
malattie della pelle rendendole spesso sospettabili
o identificabili con la sola accurata osservazione clinica
(Tabella 6.4).
Rosso
Fuoco, sangue, amore, inferno.
È il colore per eccellenza di molte malattie della cute
ed è dovuto prevalentemente al colore dell’emoglobina
e delle feomelanine. La percentuale di emoglobina
ossidata e ridotta circolante condiziona la tonalità del
rosso nella cute normale, ma anche in alcune condizioni
di fisiopatologia (per esempio, eritrosi postattinica e da
sforzo degli sportivi, eritrosi emozionale, cute rossobluastra
della cianosi ecc.).
Altre manifestazioni patologiche, invece, sono caratterizzate
da un colore rosso “particolare”, che può
orientare la diagnosi clinica verso specifiche malattie
dermatologiche.
• Rosso pompeiano e veneziano (porpora): tipico delle
vasculiti cutanee (porpora palpabile) localizzate prevalentemente
agli arti inferiori (Fig. 6.1). Lo stravaso
di globuli rossi conseguente al danno infiammatorio
angiocentrico mediato dai neutrofili (e in misura minore
dai linfomonociti) si traduce in tante piccole lesioni
lenticolari o monetiformi, che non scompaiono
alla pressione. Spesso si attenuano fino a scomparire
nell’arco di pochi giorni, ma a volte si complicano con
aree necrotiche e/o lesioni bollose. In questi casi il colorito
vira verso il rosso mattone e il rosso bordeaux.
• Rosso mattone e rosso bordeaux: è tipico delle lesioni
necrotizzanti che complicano patologie cutanee
da danno microangiopatico (Fig. 6.2).
• Rosso caramello: è altamente indicativo di una lesione
da tubercolosi (TBC) cutanea (lupus tubercolare),
attualmente molto più rara in Italia rispetto ad
alcuni decenni orsono. Le lesioni possono avere varie
localizzazioni, ma più spesso interessano il volto
e il tronco. La diascopia (pressione della cute con
spatola di vetro) mostra i lupomi (noduli puntiformi
giallastri) che sono responsabili dell’aspetto translucido
della lesione e del colore rosso simile allo
zucchero caramellato (Fig. 6.3).
• Rosso violaceo: la sfumatura violacea del rosso
evoca la diagnosi di lichen planus, malattia che si
presenta con papule lenticolari e poligonali molto
pruriginose, spesso localizzate agli arti superiori e ai
fianchi, con tipico reticolo biancastro di superficie
(reticolo di Wickham) (Fig. 6.4).
• Rosso scarlatto: è un colore che si rileva frequentemente
nelle affezioni cutanee, ma nella sua tonalità
più tipica, con caratteristiche sfumature grigiastre,
caratterizza la poichilodermia atrophicans vascolare
(PAV). La PAV interessa spesso le zone coperte dal
120 M. Papi et al.
Fig. 6.1 Rosso pompeiano: porpora vasculitica
Fig. 6.2 Rosso mattone: vasculite necrotizzante
Fig. 6.3 Rosso caramello: tubercolosi cutanea
costume da bagno e del seno nelle donne, dove si osservano
chiazze poichilodermiche a margini sfumati
con tipico colore (Fig. 6.5), associate a volte a zone
di cute “a carta di sigaretta” di colore meno marcato.
È una malattia linfoproliferativa cutanea a cellule T,
a bassa malignità e lenta evoluzione, che nelle fasi
tardive può manifestarsi con lesioni più tipiche della
micosi fungoide (noduli, placche). Il rosso scarlatto
è anche il colore del granuloma piogenico.
• Rosso e rosa lillaceo: è la sfumatura di colore che si
riscontra spesso nelle lesioni infiammatorie cutanee
delle connettivopatie, in particolare il lupus eritematoso
e la dermatomiosite (Fig. 6.6). Questa tipica
tinta lillacea, definita anche rosso ciliegia, caratterizza
a nostro avviso molte patologie dell’in terfaccia, comprese
alcune reazioni da farmaco. In corso di lupus
eritematoso le vasculiti degli arti inferiori e delle
mani e le lesioni “a vespertilio” del volto hanno
spesso questa nota di colore (Fig. 6.7).
• Rosso cardinale: è il colore che fa sospettare patologie
impegnative sul piano evolutivo e prognostico, come
per esempio le tossidermie e, in particolare, la necrolisi
epidermica tossica (sindrome di Lyell). Spesso si
apprezzano lesioni parcellari iniziali con questo tipico
colore, che confluiscono in aree progressivamente più ECCCC...
costume da bagno e del seno nelle donne, dove si osservano
chiazze poichilodermiche a margini sfumati
con tipico colore (Fig. 6.5), associate a volte a zone
di cute “a carta di sigaretta” di colore meno marcato.
È una malattia linfoproliferativa cutanea a cellule T,
a bassa malignità e lenta evoluzione, che nelle fasi
tardive può manifestarsi con lesioni più tipiche della
micosi fungoide (noduli, placche). Il rosso scarlatto
è anche il colore del granuloma piogenico.
• Rosso e rosa lillaceo: è la sfumatura di colore che si
riscontra spesso nelle lesioni infiammatorie cutanee
delle connettivopatie, in particolare il lupus eritematoso
e la dermatomiosite (Fig. 6.6). Questa tipica
tinta lillacea, definita anche rosso ciliegia, caratterizza
a nostro avviso molte patologie dell’in terfaccia, comprese
alcune reazioni da farmaco. In corso di lupus
eritematoso le vasculiti degli arti inferiori e delle
mani e le lesioni “a vespertilio” del volto hanno
spesso questa nota di colore (Fig. 6.7).
• Rosso cardinale: è il colore che fa sospettare patologie
impegnative sul piano evolutivo e prognostico, come
per esempio le tossidermie e, in particolare, la necrolisi
epidermica tossica (sindrome di Lyell). Spesso si
apprezzano lesioni parcellari iniziali con questo tipico
colore, che confluiscono in aree progressivamente piùestese fino a compromettere vaste superfici cutanee lasciando
isole di cute indenne ben riconoscibili e complicandosi
con scollamenti e distacchi dermo-epidermici
(malattia del grande ustionato) (Fig. 6.8).
• Rosso carminio: è il colore del derma che produce
tessuto di granulazione ottimale per ricostituire i
tessuti nelle ferite e ulcere croniche (Fig. 6.9), ma è
anche la tonalità di rosso che contraddistingue alcuni
quadri meno specifici come ectoparassitosi, mal rossino,
erisipela ecc.
• Rosso rosa: è la definizione che nella tavolozza dei colori
definisce meglio la tonalità che prevale in molte
lesioni della psoriasi (Fig. 6.10). Rosa, con varie tonalità,
è anche la sfumatura di colore degli esantemi.
• Rosa arancio: è tipico della pitiriasi rubra pilaris
(PRP). La PRP è un disordine della cheratinizzazione
geneticamente determinato che si manifesta con lesioni
eritematose ricoperte da fine desquamazione di
colorito rosa aranciato con sfumature giallastre, associate
a ipercheratosi palmo-plantare (Fig. 6.11) e note
di desquamazione pitiriasica del volto e del corpo• Rosa rameico: caratterizza le lesioni roseoliche della
sifilide secondaria, con tipica localizzazione nelle
aree palmari e plantari e al tronco.
Blu
Nell’antica Roma avere gli occhi azzurri era una disgrazia.
Poi il blu è diventato il segno dell’eleganza e
della neutralità. Ma sono passati tanti secoli.
È, tra i colori primari, uno dei meno rappresentati
sulla cute ed è spesso una sfumatura che si osserva
nelle lesioni che tendono a raggiungere gli strati profondi
della cute e a realizzare l’effetto ottico definito
effetto Tyndall.
• Blu oltremare e blu di Prussia: caratterizzano il nevo
blu, neoformazione in genere acquisita e benigna che
pone, talvolta, problemi di diagnosi differenziale
clinica con il melanoma quando assume sfumature
grigio-nerastre (Fig. 6.12).
• Blu cobalto: il nevo di Ota e la macchia mongolica,
neoformazioni di solito congenite, presentano questa
tonalità di colore.
• Blu violaceo: è la tonalità che segnala gli angiomi
profondi (Fig. 6.13) e il colore della cianosi (dita blu
o blu toes degli anglosassoni) (Fig. 6.14).
Viola e lilla
Sono colori secondari (rosso + blu) che si apprezzano
raramente nelle malattie cutanee, ma sono tipici di alcune
condizioni molto ben definite.
• Viola melanzana e viola prugna: il pioderma gangrenoso
(PG) è la malattia cutanea maggiormente
caratterizzata dal colore viola del bordo perilesionale
che si osserva nelle fasi di attività/estensione
della malattia. Il bordo è scollato (sottominato)
(Fig. 6.15) ed è interpretato come un diffuso dannomicrovasale successivo al massiccio infiltrato dermico
di polimorfonucleati neutrofili che contraddistingue
il PG. Il morbo di Kaposi può avere varie
espressioni lesionali. Tipiche sono le lesioni
violacee nodulari o a placca localizzate agli arti nel
Kaposi classico mediterraneo (Fig. 6.16). Viola è
anche il colore delle ecchimosi (Fig. 6.17), dei
massivi stravasi ematici (per esempio, da coagulopatie),
di quelli parcellari localizzati alla cute degli
arti con componente elastica ridotta delle persone
anziane o trattate a lungo con steroidi (porpora di
Bateman) e delle lesioni in corso di sindrome da
sensibilizzazione eritrocitaria (sindrome di Gardner-Diamond).
• Lilla: è tipico del bordo esterno infiammatorio di alcune
chiazze di morfea, specie nelle fasi iniziali di
questa malattia (lilac ring).
Giallo
Colore poco apprezzato in Occidente in alcuni periodi
storici: è il colore dell’invidia e nel passato s’imbrattavano
di giallo le case dei falsari.
La cute gialla è quella dell’ittero, che si evidenzia
con elevati valori di bilirubinemia. È anche il colore di
molte patologie cutanee sia congenite sia acquisite.
• Giallo paglierino: è tipico del pus e delle croste
mieliceriche che si apprezzano su molte lesioni cutanee
con sovrainfezione secondaria. Identifica anche
patologie da accumulo come gli xantelasmi palpebrali
e gli xantomi multipli eruttivi (Fig. 6.18).
• Giallo ambra e giallo arancio: queste sfumature si
riscontrano spesso nelle ipercheratosi palmo-plantari
sia congenite sia acquisite (Fig. 6.19) e la sfumatura
arancione delle mani caratterizza la carotenemia.
• Giallo oro e giallo primario: è il giallo della fibrina
che ricopre il fondo delle ferite croniche, a volte misto
a pus e tessuti devitalizzati (slough) (Fig. 6.20).
La presenza di questo materiale richiede un intervento
di pulizia o sbrigliamento meccanico dell’ulcera
o l’applicazione di un apparecchio a pressione
negativa (Vacuum Assisted Closure, VAC).
• Giallo ocra: la dermatite ocra del terzo inferiore
della gamba, espressione dell’insufficienza venosa,
è caratterizzata da questo colore dovuto alle modificazioni
biochimiche dell’emoglobina derivante da ripetuti
microstravasi ematici capillari (Fig. 6.21). Si
apprezza anche nelle lesioni dello xantogranuloma
necrobiotico.
• Giallo camoscio: è caratteristico e molto specifico
della necrobiosi lipoidica, patologia che insorge
spesso agli arti inferiori e può precedere la comparsa
del diabete. Le lesioni sono spesso anulari o policicliche
(Fig. 6.22). Verde
Era considerato un colore eccentrico e simbolo di instabilità.
Ed è anche il colore delle acque stagnanti.
In dermatologia è il colore dell’infezione ed è legato
alla produzione di sostanze (pioverdina, piocianina) da
parte di alcune specie microbiche come il piocianeo.
• Verde smeraldo e verde Veronese: si osservano sul
fondo delle ferite croniche nelle fasi iniziali dell’infezione
da piocianeo (Fig. 6.23).
Bianco
È il simbolo della purezza e dell’innocenza. Ma è un
colore?
Molte diagnosi dermatologiche richiedono un’accurata
distinzione delle sfumature del bianco.
• Bianco latte: è la sfumatura che consente di riconoscere
la vitiligine anche su pelli molto chiare
(Fig. 6.24). Crea importanti inestetismi con ricadute
sul piano emozionale e psicologico.
• Bianco crema: si riscontra in molte lesioni di morfea
(Fig. 6.25) e sclerodermia localizzata. La cute è dura
e non si solleva in pliche.
• Bianco madreperla: è tipico del lichen scleroatrofico
(Fig. 6.26) che si localizza spesso ai genitali.
• Bianco avorio: è la sfumatura che si ritrova nell’atrofia
bianca del terzo inferiore della gamba di
pazienti con insufficienza venosa cronica. Le chiazze
sono ovalari o monetiformi a margini netti. Si
associano alla lipodermatosclerosi e spesso precedono
l’ulcerazione (Fig. 6.27). Lesioni con caratteri
simili e aspetto ramificato sono a volte esito della vasculopatia
livedoide, malattia occlusiva dei piccoli
vasi dermici, condizione che colpisce individui giovani
prevalentemente di sesso femminile.
Nero
È il non-colore per eccellenza e indica lutto e raffinatezza.
In Dermatologia è una nota spesso inquietante.
La presenza di aree nere nell’ambito di un nevo fa
sospettare il melanoma (Fig. 6.28). Il nero è però anche
il colore di alcune cheratosi ed è soprattutto il colore
della necrosi, che indica sofferenza da mancato apporto
nutritivo ai tessuti (ischemia) e che caratterizza le
arteriopatie e le ulcere vascolari correlate.
Grigio
• Grigio seppia aranciato e bronzo antico: sono tonalità
di colore tipiche dell’eritema fisso da farmaco
nelle fasi tardive della sua evoluzione (Fig. 6.29). Si
apprezza anche nelle lesioni esito di lichen planus.
• Grigio ferro: è caratteristico della tigna microsporica
del cuoio capelluto (Fig. 6.30).
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Gentile dottore, la ringrazio per il suo articolo molto completo. Le posso mostrare delle foto di un problema che ho alla pelle che nessuno finora mi ha saputo aiutare? Grazie
RispondiEliminaGentile lettore Mi mandi le sue foto grazie..
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